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VOTO V                               37

                   guidare in tutte le sue azioni e mostrandosi sempre pronto ad eseguire
                   alla lettera la volontà dei Superiori nonostante la salute cagionevole
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                   (mal di cuore, artrite, vescica, ecc.) . In un momento delicato, disse
                   di preferire l’obbedienza alla salute, come afferma un teste:

                         «Oltre quanto riferito circa l’obbedienza, raccolgo l’espressione enfatica
                   di lui al suo Provinciale, cui scriveva nel 1886, il 17 marzo: Preferisco alla vita
                   l’obbedienza.  Si  trattava  che  il  Signore  Superiore  lo  richiamava  in
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                   congregazione, mentre egli, ammalato, era sconsigliato dai medici» .
                         Significativa  anche  la  lettera  che  scrisse  al  Padre  Generale
                   (dei  Redentoristi)  dopo  aver  ricevuto  la  nomina  a  Rettore  della
                   Casa di Pagani, avendo presagito prima le proprie difficoltà:

                         «Poiché la sua parola è l’espressione certa della volontà di Dio, piego il
                   capo  e  mi  abbraccio  alla  croce  segnatami  dal  Cielo  ripetendo  con  Nostro
                   Signore: Non mea sed tua Voluntas. Fo coraggio e con piena fiducia mi attendo
                   da Dio la esuberanza delle sue grazie» .
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                         Per  il  Servo  di  Dio,  abbandonarsi  a  corpo  perduto  tra  le
                   braccia  della  Divina  Provvidenza  e  della  santa  obbedienza
                   significava  acquistare  la  pace  e  la  tranquillità  di  spirito.
                   L’obbedienza appariva al Servo di Dio come un mezzo efficace per
                   imitare Cristo, modello di ogni obbedienza.
                         Il  Servo  di  Dio  di  Dio  visse  eroicamente  anche  il  voto  di
                   povertà,  imitando  fin  in  fondo  il  nostro  maestro  Gesù  Cristo .
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                   Offrì  un’ineccepibile  testimonianza  più  con  le  opere  che  con  la
                   parola,  perdendo  perfino  l’uso  del  “possessivo”.  Si  tratta  di  una
                   povertà non solo nello spirito e con se stesso, ma anche esteriore
                   (modestia e sobrietà nel mangiare, nel vestirsi, servizi umili per sé
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                   e per gli altri, ecc.) . La sua camera che puliva personalmente era
                   squallida, con poche suppellettili e altri oggetti. Per fargli cambiare
                   le  scarpe  sciupate  o  la  vecchia  sottana,  occorreva  usare  uno
                   stratagemma, dicendo che era il comando del Superiore. Si capisce
                   quindi la seguente testimonianza biografica:

                         «Nella  sua  stanza  non  teneva  niente  di  abiti.  Cappottino,  in  panno;  il

                         19  Cf. Informatio, pp. 50-56.
                         20  Summarium, § 40, p. 20; cf. Informatio, p. 53.
                         21  A. Losito, Lettera del 30 maggio 1907, Pagani; cit. in Informatio, p. 51.
                         22  Cf. Informatio, pp. 56-59.
                         23  Cf. Summarium, § 449, p. 129.
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