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VOTO IX 81
L’Umiltà fu la virtù che maggiormente caratterizzò il profilo
umano e spirituale del Servo di Dio: egli prendeva a modello
l’umiltà di Cristo, che si era umiliato per la nostra salvezza,
manifestando l’infinita misericordia divina. Imitando Gesù, P.
Losito era umilmente sottomesso alla volontà del Padre celeste,
docile alla guida dello Spirito Santo, sempre pronto a svolgere con
gioia e mansuetudine i lavori più umili in Comunità: lavare i piatti,
servire a tavola, assistere i poveri e gli infermi, anche nelle loro
esigenze igieniche (per esempio ripulendo i vasi per i bisogni
naturali degli ammalati). Non si metteva in mostra, non ostentava
le proprie doti naturali, rifuggiva lodi e onori, si mostrava sempre
rispettoso degli altri, in particolare dei suoi confratelli redentoristi,
sia dei suoi Superiori sia di coloro verso i quali ebbe responsabilità
di governo quando divenne Rettore della Casa di Pagani o
Superiore provinciale. Alcuni addirittura paragonavano il Servo di
Dio a San Francesco d’Assisi per la sua umiltà e povertà; e quando
gli si diceva: “Padre, siete un santo” egli rispondeva: “No, sono
peccatore” (cf. Biographia documentata, p. 305). L’umiltà eroica
del Servo di Dio, inoltre, traspare anche dai suoi scritti, nei quali
egli mai assume atteggiamenti di superiorità o di giudizio,
cercando, al contrario, di immedesimarsi nei sentimenti e nelle
situazioni altrui. L’osservanza dei Voti di Obbedienza, Castità e
Povertà da parte del Servo di Dio è unanimemente riconosciuta
nelle fonti processuali e biografiche come esemplare,
assolutamente irreprensibile, superiore per intensità e fedeltà a
quella che si può ordinariamente riscontrare nella vita religiosa. In
proposito le Prove sono del tutto favorevoli e convergenti,
cosicché si può affermare che P. Losito, degno figlio di
Sant’Alfonso, fu un vero discepolo di Gesù, gioiosamente
disponibile alla sequela di Cristo con piena abnegazione, nello
spirito del radicalismo evangelico, e per questo ammirato dai suoi
confratelli come un modello da imitare.
9. CONCLUSIONE